<<
REZENSIONEN

Corriere del Trentino, 22 Aprile 2016

aldo_bernardis.jpg (262×350)

Merano è Italomodern 1+2

Da Gellner a Scarpa

Con il titolo – programmatico quanto anche felicemente scientifico – di Italomodern 1+2: Architettura nell’Italia del Nord 1946–1976, Kunst Merano Arte torna a sintonizzarsi con l’architettura in Italia, le sue correnti, le sue progettualità, le sue stesse tensioni culturali.

Ne sortisce una panoramica ragionata dell’architettura del dopoguerra nell’area dell’Italia settentrionale, proprio secondo il progetto di Martin e Werner Feiersinger e Aut. architektur und tirol – Innsbruck. A sancire, innanzitutto, l’attenzione di studiosi austriaci verso la realtà italiana, considerata a ragione degna di approfondimenti e di dibattito.
La mostra sarà inaugurata oggi alle 19 e da domani si proietterà fino al 26 giugno. L’iniziativa ha avuto un suo prologo nel 2011, quando Martin e Werner Feiersinger grazie alla mostra Italomodern e alla pubblicazione del volume omonimo, offrivano una panoramica dell’architettura del dopoguerra sviluppatasi nell’area dell’Italia settentrionale. La selezione operata dall’architetto Martin Feiersinger e dell’artista Werner Feiersinger proponeva una serie di architetture
ascrivibili alle correnti del neorealismo, del razionalismo, del brutalismo (corrente architettonica vista come il superamento del Movimento Moderno in architettura) e della stessa architettura organica.
Il successo e il grande interesse suscitato da Italomodern 1 hanno spronato Martin e Werner Feiersinger a proseguire la loro attività di ricerca, i cui risultati hanno condotto alla nascita di Italomodern 2 e per la prima volta Merano Arte riunisce queste esperienze.
La panoramica offerta dall’esposizione è una grande sintesi nella quale trovano posto sia progetti celebri che meno noti: uno spaccato di 30 anni di sviluppo architettonico nell’Italia del nord e quindi anche in Alto Adige.
Accanto agli edifici di Edoardo Gellner a Corte di Cadore e di Armando Ronca a Bolzano, vengono proposti anche quelli progettati da Ettore Sottsass, Vico Magistretti, Carlo Scarpa e da altri protagonisti dell’architettura regionale, realizzati tra il 1946 e il 1976. Queste strutture a volte appaiono addirittura «esotiche» all’interno della scena architettonica locale, alimentando prese di posizione contrastanti.
Il percorso espositivo e i due volumi raccolgono ben 220 esempi di edifici che costituiscono delle espressioni esemplari per comprendere un periodo di progresso culturale ed economico, nel corso del quale si riconosceva all’architettura la possibilità di plasmare il futuro.
L’ambito geografico si estende da Bolzano a Colle Val d’Elsa, da Trieste a Sanremo, così come dalle rive del mare Adriatico fino a 2000 metri d’altitudine. Si va dalle piccole palazzine ad uso abitativo, fino al gigantismo degli odierni complessi residenziali, dalle architetture funzionaliste, ai progetti audaci o edifici del tutto singolari.
Mentre il focus della selezione nel primo progetto era costituito da edifici situati in particolare nelle aree urbane tra Torino e Trieste, nella seconda parte, l’interesse si estende fino all’Alto Adige e alle regioni alpine. Tra i progetti in mostra – l’elenco completo è a disposizione dei visitatori a Merano – ecco Franco Albini, Marco Dezzi Bardeschi, Leonardo Ricci, Ettore Sottsass, Pierluigi Spadolini e Bruno Zevi.
Nel giugno 2015, è stata anche pubblicata una nuova edizione di Italomodern 1 a cura di Park Books e, da ottobre 2015, grazie ad un’ulteriore collaborazione tra Vai (Vorarlberger Architektur Institut) e aut. architektur und tirol è disponibile anche Italomodern 2. I libri propongono i 132 edifici con un ordine rigorosamente cronologico. Ogni progetto è documentato con un breve testo, planimetrie recenti e numerose fotografie.
Tra le attività collaterali alla grande iniziativa dello spazio meranese diretto da Herta Torggler, segnaliamo le conferenze del 6 e del 20 maggio alla Lub di Bolzano e – il 9 giugno – «Alla ricerca dell’architettura moderna a Merano», visita guidata alla città con Magdalene Schmidt.
Arte, comunque, non solo nel segno della «cattedrale» Kunst Meran. Proprio stasera, alle 21, la Wandelhalle (Passeggiata Invernale) sarà teatro della performance di Michael Fliri dal titolo Returning from Places I have never been II (Tornando da posti dove non sono mai stato II).
L’intervento invita a ripensare alla natura sfuggente dell’identità, è un passo nella ricerca che l’artista altoatesino conduce «sulla trasformazione del proprio corpo in una figura futuristica, ambigua, fantastica».

Giancarlo Riccio

 

Alto Adige, 23 Aprile 2016

mario_cereghini.jpg (262×350)
“Italomodern 1+2”, l’architettura del Nord Italia
Da oggi a Merano la rassegna che offre una panoramica sulle realizzazioni tra il 1946 e il 1976
Nel 2011 Martin e Werner Feiersinger grazie alla mostra “Italmodern” e alla pubblicazione del volume omonimo, offrivano una panoramica esaustiva dell’architettura del dopoguerra sviluppatasi nell’ area dell’ Italia settentrionale. La selezione operata dall’ architetto Martin Feiersinger e dell’ artista Werner Feiersinger proponeva una serie di architetture ascrivibili alle correnti del neorealismo, del razionalismo, del brutalismo e dell'architettura organica. Il successo e il grande interesse suscitato da “Italmodern 1” ha spronato Martin e Werner Feiersinger a proseguire la loro attività di ricerca, i cui risultati hanno condotto alla nascita di “Italmodern 2”. Per la prima volta, Merano Arte riunisce le esperienze di Italmodern, in una mostra in programma da oggi – inaugurazione alle 19 – al 19 giugno. La panoramica offerta dall'esposizione è una grande sintesi nella quale trovano posto sia progetti celebri che meno noti. «Scevra da censure ideologiche e formali – illustrano gli organizzatori – la rassegna presenta uno spaccato di 30 anni di sviluppo architettonico nell’ Italia del nord e quindi anche in Alto Adige. Accanto agli edifici di Edoardo Gellner a Corte di Cadore e di Armando Ronca a Bolzano, vengono proposti anche quelli progettati da Ettore Sottsass, Vico Magistretti, Carlo Scarpa e da altre icone dell’architettura regionale, realizzati tra il 1946 e il 1976. Queste strutture – che a volte appaiono esotiche all’interno della scena architettonica locale – insieme agli esempi provenienti da altre regioni, offrono una panoramica ricca di variazioni». Il percorso espositivo e i due volumi raccolgono 220 esempi di edifici, che costituiscono delle espressioni esemplari per comprendere un periodo di progresso culturale ed economico, nel corso del quale si riconosceva all’architettura la possibilità di plasmare il futuro. L’ ambito geografico si estende da Bolzano a Colle Val d’ Elsa, da Trieste a San Remo, così come dalle rive del mare Adriatico fino a 2000 metri d’ altitudine. Si va dalle piccole palazzine ad uso abitativo, fino al gigantismo degli odierni complessi residenziali, dalle architetture funzionaliste, ai progetti audaci o edifici del tutto singolari realizzati da architetti non necessariamente noti al grande pubblico. Mentre il punto focale della selezione nel primo progetto era costituito da edifici situati in particolare nelle aree urbane tra Torino e Trieste, nella seconda parte, l’interesse si estende fino all’ Alto Adige e alle regioni alpine. «Le condizioni topografiche e climatiche – sottolineano i curatori – molto diverse tra loro, i vari contesti e scuole, della storia architettonica, così come l'approccio tipologico eterogeneo dei singoli architetti, danno vita a una tensione, sottolineata dalle fotografie». Nel giugno del 2015, in occasione delle mostre “Italmodern 1” ospitata presso il Vorarlberger Architektur Institut e “Italmodern 2” proposta all'aut. architektur und tirol di Innsbruck, è stata pubblicata una nuova edizione della numero 1 (volume pluripremiato e in precedenza da tempo fuori stampa) a cura di Park Books e, da ottobre 2015, grazie ad un’ ulteriore collaborazione tra vai (Vorarlberger Architektur Institut) e aut. architektur und tirol è disponibile anche “Italmodern 2”, nel quale Martin e Werner Feiersinger approfondiscono l’ analisi delle espressioni architettoniche nell’ area interessata dalla ricerca, che si allarga da Bolzano a Colle di Val d’ Elsa, da Trieste a San Remo e da Adria fino ad un altitudine di 2.177 metri. I libri propongono i 132 edifici con un ordine rigorosamente cronologico. Ogni progetto è documentato con un breve testo, planimetrie recenti e numerose fotografie che trasmettono, da un punto di vista soggettivo, lo stato attuale delle costruzioni. La pubblicazione include anche le biografie di tutti gli architetti rappresentati, integrata da ricordi personali di Martin Feiersinger che permettono di tracciare lo sviluppo di relazioni e collaborazioni. Collaterali alla mostra sono previste le seguenti iniziative: oggi gita in Veneto con il curatore Martin Feiersinger; 6 maggio, alle19, alla Libera Università di Bolzano, conferenza “La cittá di Armando Ronca. Un architetto per Bolzano moderna 1935–1970”, relatore: Jörg Stabenow, introduzione dell’ Arch. Christoph Mayr Fingerle; 20 maggio, ore 19, conferenza “Architettura come espressione plastica” relatore Antonio Macconi; 9 giugno, alle 19–21 “Alla ricerca dell'architettura moderna a Merano”. Visita guidata alla città con Magdalene Schmidt.
Gigi Bortoli

 

Kulturelemente 128, 2016

ignazio_gardella.jpg (262×350)

ITALOMODERN 1+2

Die erste Fotographie im chronologisch geordneten Parcours zeigte die „Casa Minima“, die etwas verloren beim Parkplatz des Fußballstadions von Bergamo steht. Sie stellt den Versuch des Architekten Giuseppe Pizzigoni dar, nach der Zerstörung des 2ten Weltkrieges eine für jedermann leistbare Wohneinheit zu entwickeln. Sowohl der Grundriss als auch der Schnitt des Gebäudes offenbaren eine eigenwillige Raumschöpfung um möglichst viel Platz auf engstem Raum zu schaffen. Auch das zweite Foto präsentierte eine Minihaus: Mario Cavalle plante 1946 eine Serie von Kleinstunterkünften mit 45 m² Grundfläche. Pizzigonis Häuschen blieb ein Prototyp, der beinahe humoristische Entwurf der „Casa Zucca“ von Cavalle hingegen wurde acht Mal gebaut. Ein paar Bilder weiter war die Hauptfassade eines 1947 gebauten kirchlichen Waisenhauses in Mailand zu sehen.

Die Brüder Martin und Werner Feiersinger zeigten vom 22. April bis zum 26 Juli die Ausstellung „ITALOMODERN 1+2“ bei Kunst Meran. Diese umfassende Fotopräsentation der italienischen Nachkriegszeit war eine große Zusammenschau von Bekannten und Unbebekannten Bauten. Frei von ideologischen und formalen Zensuren bot die Ausstellung einen Einblick in eine 30-jährige Architekturentwicklung in Oberitalien und stellte dabei die große Bandbreite der unterschiedlichen Strömungen und ihrer Vertreter vor – von Neorealisten und Rationalisten über Brutalisten und Organikern bis zu architektonischen „Freaks“.

Durch die chronologische Hängung der Fotos bot die Ausstellung auch einen Einblick in die Bauaufgaben der jeweiligen Zeit und ließ bei einem Rundgang die Jahre von 1946 bis 1976 Revue passieren.

In den 1950iger Jahren fiehlen in der Ausstellung die Büro- und Geschäftsgebäude in den Zentren der größeren Städte, aber vor allem die vielen Wohngebäude auf. Von 1948 bis 1962 wurden in Italien, mit der Grundlage des Wirtschaftsförderungs- und Wohnbauprogramms „Piano Fanfani“ für über 350.000 Familien Wohnungen – die sogenannten „INA-Case“ – gebaut. In der Ausstellung zu sehen war z.B. die 21 Stöcke hohe „Torre al Parco“ von Vico Magistretti in Mailand, die gigantische, von 35 Architekten geplante Wohnhausanlage „Forte Quezzi“ hoch über Genua, mit insgesamt 865 Wohnungen, oder die 600 m lange, „Treno“ genannte Wohnanlage von Giuseppe Vaccaro in Bologna.

In der Ausstellung stachen die vielen – gut 10 % der gezeigten Projekte – innovativen und experimentellen Kirchenbauten hervor, die etwas zeitversetzt in den neu errichteten Wohnviertel der Städte entstehen. Die chronologisch erste Kirche der Ausstellung „Italomodern 1+2“ war die von Lugi Figini und Gino Pollini geplante und von 1952 bis 1954 errichtete „Madonna dei Poveri“ in Mailand. Besonders viele Kirchen wurden, kurz vor – man könnte meinen als Antizipation –, in der Zeit, bzw. knapp nach dem Zweiten Vatikanischen Konzil (1962–1965) gebaut. Diese Architekturen lösten den konziliären Anspruch der Anpassung der Kirche an die Gegenwart, Erneuerung und größere Klarheit im Denken auf jedem Fall ein: Die Architekturen von bedeutenden Planern wie Carlo Scarpa, Adalberto Libera, Gio Ponti oder Armando Ronca, nutzten die Möglichkeiten des Stahlbetons um zum Teil sehr extravagante, weiträumige und mit bewusst abstrakter Lichtmetaphysik ausgestattete Sakralräume zu schaffen. Unübersehbar der zeichenhafte Stahlbetonturm der „Chiesa del Sacro Cuore“ in Florenz, der mythische Raum mit perforiertem Dach aus rohem Beton der Kirche „Gesù Redentore“ in Turin oder das mit Polystyrol in der Doppelverglasung gefüllte Glashaus der „Chiesa Mater Misericordiae“ in Mailand.

Ab den 1960iger mehrten den Ausstellungsparcours die Infrastrukturbauten für Bildung, z.B. die Hotelfachschule von Duino Aurisina, das Berufsschulgebäude in Busto Arsizio, die Bibliotheken in Dogliana und in Morbegno, die Studentenunterkünfte und das Universitätsgebäude von Urbino sowie Repräsentationsbauten wie die Handelskammer von Turin und jene von Vercelli, sowie die Rathäuser von Zandobbio, Pordenone und Sesto San Giovanni. Letzteres, von Piero Bottoni geplant, besticht durch sein ungewöhnliches Farbkonzept. Die Fassade zeigt von unten nach oben den Farbverlauf von Tiefschwarz bis Rot-Orange-Gelb.

Das „Miracolo economico italiano“ das in den 50iger Jahren aufgrund der intensiven US-amerikanischen – nicht nur finanziellen – Unterstützung seinen Anfang nahm, 1960 den Höhepunkt erreichte und mit der Erdölkrise von 1973 zum erliegen kam, zeigte sich in der Ausstellung immer wieder anhand von

exzellent geplanten Ferienhäusern wie dem brutalistischen Sommerhaus von Vittorio Viganò aus dem Jahr 1957, der „Casa sotto una foglia“ von Giò Ponti von 1964, der „Casa Tabarelli“ von Carlo Scarpa und Sergio Los in Girlan (1967) oder dem von Nanda Vigo geplanten bewohnbaren Kunstmuseum „Casa Museo Remo Brindisi“ (1967).

In den 1970iger Jahren scheint das Thema Wohnen in Oberitalien wieder virulenter zu werden, denn „Italomodern 1+2“ präsentierte neben Kindergärten, Schulen, Studentenheimen, Sporthallen und Diskotheken vor allem große Wohnanlagen wie das Wohnquartier Rozzol Melara in Triest, eine Megastruktur aus Sozialwohnungen, an deren interner Straße 40 Stiegenaufgänge angebunden sind, die „Case Popolari“ von Marco Zanuso in Genua, die entfernte Anklänge an die Gemeindebauten der Zwischenkriegszeit im „Roten Wien“ aufweisen oder die „horizontale Stadt“ in Bergamo.

Martin und Werner Feiersinger dokumentierten mit „Italomodern 1+2“ die eigenwilligen und charaktervollen Bauwerke in Oberitalien bis zum Rücktritt der fünften Regierung Aldo Moro, welche eine Kapitalflucht nach sich zog und die Lira in ernste Schwierigkeiten brachte. Die Ausstellung legte ihr Augenmerk nicht nur auf die sogenannte zweite klassische Moderne, sondern auch auf jene Bauten, die Ausdruck jener – heute möglicherweise naiv anmutenden – Phase sind, in der noch daran geglaubt wurde, dass die Zukunft und die Gesellschaft architektonisch gestaltbar seien.

Hannes Egger